Autore: Ingematic Team Data Aggiornamento: 16 Dicembre 2020 Data Pubblicazione: 7 Luglio 2020 Pubblicato in: ARCHIVIO |DIGITAL NEWS | Tag: , , , Tempo di Lettura: 3 minuti

Immuni app è operativa in tutta Italia dal 15 giugno. A quasi un mese di distanza, proviamo a comprendere se mette davvero a rischio la privacy dei cittadini.

Un download contro il Coronavirus

Come si sa, “Immuni app” (Immuni per gli amici) è l’app anti-Covid ideata per limitare e “tracciare” il contagio del famigerato Covid-19. Ed è proprio in merito alla sua “tracciabilità” che si sono avute discussioni. “La privacy è a rischio?” La domanda più gettonata merita sicuramente una risposta.
L’app per il Coronavirus è attualmente ferma a 4 milioni di download. Un numero discreto, se si pensa che affinché agisca correttamente è necessario che venga scaricata da almeno il 60 percento della popolazione.
Il trattamento dei “dati personali” è probabilmente un deterrente per il download. Per questo, noi di Ingematic ci sentiamo in dovere di fare un po’ di chiarezza.

Perché Immuni è “nata” per proteggere i dati

Nessuna preoccupazione per la diffusione dei dati personali, vi spieghiamo perché.
Una volta scaricata Immuni app non è necessario inserire alcuna informazione come mail, nome e cognome o numero di telefono.
Si attiva semplicemente con il Bluetooth. Ciò significa che, volendo, è possibile utilizzare anche senza la geolocalizzazione della posizione.
Così strutturata, Immuni genera un codice casuale per ogni dispositivo (iOS 13 in poi o Android che sia). Per questo, non contiene nessuna informazione che identifichi l’utente ed il suo device.
La raccolta sul server dei codici casuali avviene in modo criptato.

Codice Immuni e “positività” da Coronavirus

Uno dei primi casi in cui Immuni ha funzionato correttamente si è verificato proprio in Puglia. Molti quindi si chiedono cosa fare se si risulta essere positivi al Covid-19.
E’ semplice: basta segnalare il proprio codice.
Il codice OTP (One Time Password, in italiano “password attivabile una sola volta“) deve essere dettato all’operatore sanitario che comunica l’esito del tampone (qualora fosse positivo).
Quindi, il codice viene autorizzato e l’utente può procedere al caricamento sul server di Immuni delle chiavi crittografiche associate al suo dispositivo.
Il codice OTP viene utilizzato solo in caso di positività al Coronavirus.
Per fare il caricamento, occorre l’assistenza di un operatore sanitario autorizzato.

Per questo è essenziale non solo scaricare Immuni, ma soprattutto attivarla con il Bluetooth quando si è fuori casa. Non solo non si diffonde nessun dato, ma soprattutto si limita la diffusione del virus.

Nota Negativa: compatibilità

Almeno fino a novembre 2020, data di aggiunta di questa nota, l’App Immuni risulta ancora incompatibile con iOS 12.x e Android < 6 (non approfondiamo i dettagli disponibili nelle FAQ).

Assodata l’importanza dell’app immuni al fine di poter tracciare la diffusione della diffusione dell’infezione da Covid-19 (almeno questo dovrebbe essere il proposito) e considerata l’intensa campagna promozionale di invito all’utilizzo, e non ultimo il costo di sviluppo, chiediamo: si poteva fare meglio?

Perché escludere tutti i possessori di un iPhone6, andando ad inserire la compatibilità soltanto da iOS 13? La regola base dovrebbe essere che chiunque debba poterla utilizzare senza per questo dover cambiare un cellulare. Parliamo di un iPhone 6, introdotto sul mercato a settembre 2014. Idem per i cellulari Android un po’ più datati.

Un app di questa importanza non sarebbe stato opportuno svilupparla con compatibilità più ampia?